Emergenza COVID-19: il rientro al lavoro del cittadino contagiato
In seguito al contagio di un cittadino-lavoratore la legislazione emergenziale, compresi i vari DPCM succedutesi e che hanno sempre confermato la validità del cosiddetto Protocollo condiviso, configura due diverse situazioni:
1. la riammissione in comunità
2. il reintegro al lavoro.
La riammissione in comunità prevede che prima siano soddisfatti i criteri dettati dalla Circolare del Ministero della Salute n. 32850 del 12/10/2020 (Indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena) e quindi che il cittadino sia autorizzato dall’Autorità ad interrompere l’isolamento o la quarantena. A seconda dell’organizzazione adottata dalle singole Regioni, tale provvedimento di autorizzazione è rilasciato: I) dal Dipartimento di Prevenzione (DdP) o Servizio di Igiene e Sanità Pubblica (SISP) della ASL competente per territorio, e/o II) dal Medico di medicina generale (MMG) / Pediatra di libera scelta (PLS).
Il reintegro al lavoro necessita, invece, innanzitutto che il lavoratore presenti al datore di lavoro la certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone (anche qui secondo le varie modalità localmente disposte dal DdP di pertinenza). Dopo questo primo passo il lavoratore andrebbe anche sottoposto ad una “Visita di reintegro” da parte del medico competente. Come noto, esiste in tema una differenza tra due diversi atti normativi, tra l’altro di rango diverso. Secondo i DPCM tale Visita dovrebbe essere effettuata per tutti i lavoratori contagiati; la Circolare del Ministero della Salute n. 14915 del 29/04/2020 (Indicazioni operative relative alle attività del medico competente), invece, prevede che vada effettuata solo per i soggetti che siano stati ricoverati.
Si formula di seguito una proposta di flusso lavorativo, nella consapevolezza sia delle grandi difficoltà dei medici competenti che stanno continuando nel loro gravosissimo tentativo di illustrare ai datori ed ai lavoratori, con semplicità e costanza, una materia in tumultuosa evoluzione sia tecnico-scientifica che normativa, sia di quelle dei soggetti preposti alle attività di controllo.
Il datore di lavoro deve essere messo in grado di adottare tutte le misure necessarie per a tutela del lavoratore contagiato. Affinché ciò sia possibile il lavoratore dovrà comunicare al medico competente qualunque variazione del proprio stato di salute (ma in particolare gli episodi di polmonite o le infezioni respiratorie gravi). Il medico competente tratterà le informazioni e la eventuale documentazione sanitaria correlata nel rispetto della normativa per la tutela dei dati personali e tenendo in particolare considerazione la tipologia di rischi specifici a cui il lavoratore è esposto. Valuterà quindi con il lavoratore se sussiste la necessità della Visita di reintegro, ed ove sussista, che questi faccia richiesta di visita straordinaria ai sensi dell’art. 41 comma 2 lett. c del D. Lgs. 81.
È comunque ancora possibile che il lavoratore non faccia tale richiesta. In tal caso la Visita di reintegro deve essere effettuata comunque ed il medico competente dovrà renderne edotto il datore di lavoro. La richiesta di Visita di reintegro, ai sensi del DPCM in vigore al momento, in questo caso sarà inoltrata dal datore di lavoro. A parere della SIML anche ad esito di tale Visita, che come noto va effettuata anche quando non siano trascorsi più di 60 giorni di assenza continuativi dal lavoro per motivi di salute, andrà formulato un Giudizio di idoneità.
Ipotesi di algoritmo operativo
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Il datore di lavoro informa i lavoratori dell’obbligo di inviargli la certificazione di avvenuta negativizzazione come rilasciata secondo le disposizioni locali e di comunicare in via riservata al medico competente anche ogni altra variazione del loro stato di salute.
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Il lavoratore contatta il medico competente il quale acquisisce l’eventuale documentazione sanitaria e valuta con il lavoratore stesso la necessità di sottoporlo o meno a Visita di reintegro.
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Se la Visita è ritenuta necessaria:
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il lavoratore sottopone al datore di lavoro richiesta di visita straordinaria (art. 41 c. 2 lett. c);
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se il lavoratore non intende chiedere la vista straordinaria, il datore di lavoro sottopone al medico competente richiesta di Visita ai sensi del DPCM in vigore al momento.
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In entrambi i due ultimi casi, nelle more della possibilità di effettuare la Visita in presenza, il medico competente esprimerà un Giudizio di idoneità provvisorio contenente le prescrizioni o limitazioni imposte dagli esiti di malattia Covid-19.
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Anche in caso tale Visita non sia ritenuta necessaria, in considerazione delle informazioni e della documentazione ricevuta, il medico competente potrebbe comunque dover indicare al datore di lavoro misure aggiuntive di tutela.
In ogni caso, viste le diverse disposizioni territoriali, si ritiene utile verificare comunque - dove possibile - l’orientamento in merito a tale procedura dell’Organo di Vigilanza locale e, al fine di semplificare il comune lavoro, di allegare alla Cartella sanitaria e di rischio la documentazione acquisita e soprattutto di lasciare traccia al suo interno dei vari passaggi e delle motivazioni a loro sostegno.
Tale prassi non può che ritenersi assolutamente eccezionale ed utilizzabile nella sua irritualità esclusivamente in ragione del contesto emergenziale nel quale ci troviamo ad operare.
fonte: Punto Sicuro
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